È stato condannato a dieci mesi di reclusione un 56enne campano che ha patteggiato, per maltrattamenti in famiglia, una pena di fronte al gup Albero Avenoso e al pubblico ministero Mario Formisano. L’uomo, in particolare, è accusato di aver maltrattato, fisicamente e mentalmente, la compagna di origine musulmana, anche in presenza della loro bimba.
L’accusa, come detto, è di atti persecutori aggravati, maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate, ma la pena è lieve perché l’uomo – difeso dall’avvocato Delfo Berretti – si è ravveduto, a sei anni dai fatti: secondo la ricostruzione de La Nazione in edicola la vigilia del giorno di Natale, il cinquantaseienne, nel 2009, di fronte alla figlia, colpì la moglie con delle forbici, mentre nel 2010, quando la donna si era trasferita, aveva gettato sul terrazzo della nuova casa buste di rifiuti, bottiglie di vetro e pietre, e pochi mesi dopo aveva minacciato di ucciderla e farla a pezzi.
Ma i maltrattamenti in famiglia non sono finiti qua: l’uomo è anche andato più volte nel posto di lavoro della donna, minacciandola e offendendola pesantemente, e la pedinava e la molestava anche telefonicamente. Tutto questo fino al ravvedimento che, nonostante l’accusa di atti persecutori aggravati dalla relazione avuta, maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate, hanno contribuito alla pena molto mite.
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