Una troupe di Voyager è in questi giorni in città per girare una puntata su Assisi e gli ebrei: in un post apparso su Sei di Assisi se… la giornalista Marina Rosati, curatrice del Museo della Memoria, spiega come Roberto Giacobbo sia tra l’altro stato al Museo della Memoria di Palazzo Vallemani per le riprese di una puntata dedicata al salvataggio degli ebrei, alla storia di Bartali e degli altri Giusti di Assisi.
Assisi e gli ebrei hanno da sempre un legame speciale: come ricordava tempo fa un articolo di Avvenire, la città umbra, nel periodo più tragico della seconda guerra mondiale, accolse migliaia di persone, soprattutto ebrei. Gli sfollati trovarono sostegno e ospitalità presso il vescovado, nei monasteri e negli istituti religiosi, grazie alla capillare rete di assistenza clandestina allestita – seguendo l’esempio di tante altre diocesi italiane come quella di Firenze e Genova – dal vescovo Giuseppe Placido Nicolini coadiuvato dal clero diocesano guidato dal suo braccio destro, il canonico don Aldo Brunacci, all’epoca giovane sacerdote della cattedrale di San Rufino di Assisi.
Con il contributo di alcuni volontari laici e religiosi – come il guardiano del convento di San Damiano fra’ Rufino Niccacci, che spesso si recava a Firenze dal cardinale Dalla Costa per ricevere «istruzioni, indirizzi e mezzi di finanziamento», il giovane frate del sacro Convento di San Francesco Michele Todde, la superiora della Clarisse Colettine suor Hélène e quella delle Clarisse di San Quirico suor Giuseppina Biviglia – fu allestita presso il vescovado un’efficiente organizzazione di assistenza per tutti i profughi. Nella tipografia di Luigi e Trento Brizi, nei pressi di piazza Santa Chiara, vennero stampate centinaia di carte d’identità e tessere annonarie falsificate, poi smistate al convento di San Quirico dove, sotto la supervisione dei due ufficiali lì nascosti – il colonnello Paolo Gay e il tenente Antonio Podda – venivano completate con nomi fittizi di persone provenienti da zone già occupate dagli Alleati e quindi non accessibili al controllo dei nazifascisti.
Nella storia di Assisi e gli ebrei non si può non citare Gino Bartali che, fingendo di allenarsi in sella alla sua bicicletta, trasportava – nascosti nel telaio – i documenti falsificati da Assisi a Firenze. Dopo l’8 settembre 1943, per sfuggire alle persecuzioni razziali, giunsero nella città umbra circa trecento ebrei di varia nazionalità – come le famiglie Viterbi, Fano, Jakobson, Baruch, Kropf, Majonica, Eppinigi, Romanoski, Lyovin e Corinaldi – che trovarono rifugio tra le mura dei conventi e nel vescovado. Monsignor Nicolini non esitò a trasformarsi in muratore, occultando in un vano dei sotterranei tutti i documenti, i libri sacri e gli oggetti di valore degli ebrei ospitati.
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