Inaugurata sabato 24 febbraio 2018 pomeriggio la nuova sezione archeologica al Museo diocesano di Assisi. A oltre 17 anni dagli scavi condotti nella Cattedrale di San Rufino, i materiali archeologici rinvenuti, precedentemente custoditi nei depositi della Soprintendenza a Ponte San Giovanni, trovano finalmente la loro collocazione ideale nel luogo dal quale provengono, San Rufino.
Su iniziativa di Don Cesare Provenzi, Priore dei Capitolo della Cattedrale è stato infatti condotto un accurato studio sulle strutture murarie antiche presenti sotto il pavimento della chiesa. L’archeologa Maria Letizia Cipiciani, alla quale è stato affidato il lavoro, ha progettato così la sezione archeologica al Museo diocesano di Assisi, una mostra piena di novità interessanti che svelano gli albori della storia della città, la vocazione al sacro e l’ininterrotta continuità di culto nel luogo in cui furono costruite, in successione cronologica, le tre chiese dedicate al patrono di Assisi, il vescovo e martire Rufino.
I pannelli che corrono lungo le pareti della suggestiva saletta medievale adiacente al chiostro (rinvenuta dalla Olim di Livia Trigona durante i lavori per la nuova Sede del Museo Diocesano), narrano attraverso le ricostruzioni in 3D ed i reperti ospitati nelle teche sottostanti, il culto femminile della divinità umbro -picena Cupra/Arenta/Bona Mater, i sacrifici e i rituali ad esso legati e la storia del santuario pagano che si ergeva dove oggi è situata la Cattedrale.
Dalla nuova sezione archeologica al Museo diocesano di Assisi – è stato spiegato nel corso della presentazione dalle due archeologhe – emerge chiaramente che il santuario pre-urbano di Asisium dedicato a Cupra Mater occupava un luogo strategico, al crocevia di percorsi che collegavano l’entroterra montano alle valli dei fiumi Chiascio (Clitumnus) e Tevere. Come i santuari di Plestia (Colfiorito) e di Vicus Fossato di Vico, entrambi dedicati a Cupra Mater, il piccolo edificio sacro era un un importante luogo d’incontro e di scambio per le comunità sparse nel territori. Santuario emporico situato in un’antica via di transito umbro-picena era un luogo in cui affluivano idee, costumi, lingue, riti e conoscenze tecniche di popolazioni diverse.
Nel santuario di Cupra Mater ad Asisium era verosimilmente presente anche un centro scrittorio che offriva i propri servizi ai frequentatori, sia per le dediche votive sia per gli accordi commerciali. Cupra Mater, come Astante-Afrodite, era una divinità garante del passaggio, preposta alla tutela dei transiti e della navigazione, della fertilità e del parto. Un piccolo altare, una pisside decorata a bande e dei vasi miniaturistici, come due antefisse murate nella Canonica, appartengono alla fase pre~urbana del santuario (IV – III sec. a.C.).
Le strutture murarie riportate in luce sotto la cattedrale, inserite nel tessuto urbano della città, sono invece posteriori al 150 a.C. Queste occupano una terrazza accessibile solo da ovest, chiusa dal muraglione dell’Acropoli a nord e dalla cinta muraria ad est. L’integrazione dei muri più antichi ha permesso di ricostruire due ambienti situati a sud-ovest dell’ipotetico tempio, disposti intorno ad un cortile. L’ambiente a nord è dotato di un ampio ingresso, aperto sul cortile, e di una vasca rettangolare solo in parte conservata. L’ambiente contiguo a sud non presenta alcun tipo di apprestamento. Dei tubuli, rinvenuti tra i materiali archeologici, indicano la frequentazione del luogo sacro in un periodo successivo al 15 d.C. Gli ambienti erano comunemente riscaldati con grandi bracieri. Il sistema di riscaldamento ad aria calda, canalizzata nelle intercapedini dlle pareti mediante tuboli, viene introdotto nel I sec. d.C. L’area era attraversata da canali per l’afflusso e il deflusso dell’acqua (III-I sec. a.C.).
L’acqua della vasca – è stato spiegato sempre in occasione dell’inaugurazione della sezione archeologica al Museo diocesano di Assisi – serviva per i riti celebrti in onor di Cupa Mater, secondo pratiche comuni all’Afrodite cipriota di Paphos e alla Venere romana, garanti della fecondità per le donne sposate, pronte alla maternità o già madri. I bagni rituali (lavationes) preparavano le madri e le spose, patrizie e plebee, all’unione feconda. Le vasche per le abluzioni in questo tipo di santuari venivano riempite con acqua trasportata dalle sorgenti, tratta da pozzi e cisterne, oppure condotta tramite tubazioni. Raccolta e conservata all’interno del santuario, l’acqua diventava sacra per vicinanza al simulacro della divinità.
Cupra, Rufino e la Madonna del Latte
La terrazza, chiusa a nord dal muraglione dell’Acropoli, era suddivisa in due zone poste a livelli diversi. La zona orientale, compresa tra il muro di cinta e la fontana-cisterna, era sopraelevata di circa 60 cm ed ospitava il santuario di Cupra Mater. Ad ovest della fontana-cisterna, un’ampia piazza era fornita di pozzo pubblico. Le due zone erano forse collegate da una rampa, poi occupata dalla cripta ugoniana. Nel 90 a.C. Asisium diventa municipio romano, la lingua ufficiale diviene il latino e l’appellativo umbro Cupra è tradotto con Bona latino.
Narra la leggenda – è stato sempre spiegato nel corso dell’inaugurazione della sezione archeologica al Museo diocesano di Assisi – che il corpo del martire Rufino fu trovato nel fiume Chiascio e trasportato dentro Assisi sopra un carro trainato da buoi. Entrati in città, i buoi attraversano la platea fori venalium (“piazza del foro delle vendite”, Piazza del Comune) e salgono fino al luogo che il consiglio divino ha indicato per la venerabile sepoltura: iuxta locum qui Bona Mater dicitur(“vicino al luogo che è chiamato Bona Mater”). A quel tempo il luogo appariva in stato di completo abbandono, spinis ac tribulis incomoda (“disagevole per i rovi e per le erbacce”). E’ nell’VIII secolo che una piccola basilica (parva basilica) dedicata a San Rufino viene costruita nella piazza vicina (iuxta) ai ruderi del santuario di Bona Mater. Frammenti di bassorilievi, murati nella Cripta Ugoniana, sono attribuibili alla piccola chiesa di VIII secolo mentre una lucerna, annerita dall’uso, è spia di notturne frequentazioni tra VI e XI secolo. Il culto del primo vescovo – martire di Assisi non si sovrappone al culto della divinità pagana ma lo affianca da vicino: più facile costruire in un’area già libera che rimuovere strutture in rovina.
Verso la metà dell’XI secolo, il vescovo Ugone trasforma la parva basilica nella magna ecclesia, la “grande chiesa”. I ruderi del santuario di Bona Mater rimangono ancora a vista nell’area retrostante l’abside. Nel 1086, il testamento di Leto figlio di Tignoso descrive bene l’aspetto del luogo subito dopo la costruzione della Basilica Ugoniana: Leto lascia i propri beni alla eglesia Sancti Rufini q(ue) est aedificata iusta Bona Matre, la “chiesa di San Rufino che è costruita vicino alla Buona Madre” (ASR, fasc. III, n. 106). Nel 1140 Giovanni da Gubbio avvia la costruzione di una cattedrale ancor più maestosa. La terrazza torna all’antico aspetto: la magna ecclesia di Ugone è abbattuta, la piazza di epoca romana ripristinata. Le rovine del santuario sono rasate e spariscono sotto la nuova Cattedrale
Il culto di Bona Mater – è stato detto nel corso dell’inaugurazione della sezione archeologica al Museo diocesano di Assisi – è ora recuperato a distanza di secoli e assume sembianze cristiane. Bona Mater, la Buona Madre, è colei che nutre e dà la vita. A lei spetta un posto d’onore nel maestoso tempio, la lunetta del portale centrale. Bona Mater si trasfigura così nella Madonna che allatta (lactans, galaktotrèphousa) seduta alla destra di suo figlio, Cristo in trono. San Rufino contempla, in piedi, alla sinistra di Cristo.
Nel corso della conferenza pre-inaugurazione della sezione archeologica al Museo diocesano di Assisi si è parlato anche di un possibile legame con San Francesco?
Un piccolo altare era murato presso il davanzale della seconda finestra del Dormitorio di Santa Chiara, nel Convento di San Damiano. Rotto sul lato destro, reca la dedica “altare sacro ad Arenta O.”, scritta in lingua umbra e caratteri latini: Arentei O […] / aso sacr […] Arenta è un appellativo di Afrodite (Lycophron, Alexandra 832) come Vergine lo è per Maria. Nel Lazio, in età arcaica, l’appellativo Arenta è legato al culto di Afrodite-Fortuna. L’altare (aso) probabilmente si trovava all’interno del santuario, dove la proibizione rituale decadeva e la dea poteva essere chiamata con il suo vero nome. Arenta sarebbe quindi Afrodite, nascosta sotto lo pseudonimo di Cupra. L’iscrizione è datata alla fine del II sec. a.C. Il pensiero corre a San Francesco: forse fu proprio lui a trovare l’altarino di Arenta in località Bona Mater, presso la Cattedrale di San Rufino, mentre cercava pietre tagliate per il restauro della Chiesa di San Damiano (1205-1212)…
Foto © Mauro Berti
© Riproduzione riservata