ASSISI – “Il nucleare costituisce una minaccia per l’umanità, si pensi alle 12.500 testate nucleari strategiche esistenti di cui i 3.700 già schierate su missili e aerei. In questo luogo, la sala della Spogliazione, in cui risuonano otto secoli di messaggio di pace incarnato dal corpo nudo di Francesco di Assisi, questo dibattito ha qualcosa di paradossale e, al tempo stesso, di attuale e di ispirante per il cammino dell’umanità”. Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, nel suo intervento al convegno “Religioni e conversione delle armi nucleari in progetti di pace e sviluppo” organizzato dal Comitato per una Civiltà dell’Amore, in corso oggi, sabato 24 febbraio, nella sala della Spogliazione del palazzo vescovile ad Assisi.
“Proprio questo luogo e la bomba valoriale che rappresenta – ha aggiunto monsignor Sorrentino – ci hanno ancora una volta spinto a collaborare con Civiltà dell’Amore aprendo gli spazi del nostro Santuario a una riflessione che, non a caso, in questa giornata si declina come un momento di riflessione-preghiera, e poi, solo dopo, nelle ore pomeridiane, di riflessione prospettica e, se si vuole, politica, proiettata sugli sviluppi di una energia nucleare che, con gli uomini che l’hanno scoperta e declinata per il male, in una energia che si ‘converta’ in possibilità di bene, facendo i conti onestamente sulla questione dei rischi di una tale conversione”. Monsignor Sorrentino ha lodato anche la “connessione” di questo convegno allo ‘spirito di Assisi’, coniato proprio in termini di preghiera per la pace da San Giovanni Paolo II, che “convocando ad Assisi il 27 ottobre 1986 i leader religiosi dell’umanità, volle dare un ruolo ed anzi un primato alla preghiera, come espressione di un dialogo del vissuto più che del parlato, un vissuto in cui si fa spazio alla grazia più che all’iniziativa umana”.
La giornata contro la guerra e l’uso del nucleare, voluta nel giorno del secondo anniversario della guerra in Ucraina, si è aperta con i saluti di padre Marco Moroni, custode del Sacro Convento e di Giuseppe Rotunno, presidente del Comitato per una Civiltà dell’Amore, ma anche del sindaco di Assisi Stefania Proietti, che ha sottolineato la sua gioia per “un momento davvero bellissimo in cui alla preghiera si unisce un argomento che forse suscita riso e ironia, il disarmo nucleare. Ma vorrei ringraziare il presidente Rotunno che ci fa sentire la responsabilità e il dovere di richiamare alla pace. Porto il saluto di una comunità intera che chiede con forza che Assisi spenda il suo nome per la pace, e che condanna le manganellate ai minorenni che si impegnano per la pace. Chiediamo inoltre di non fermarci al disarmo nucleare, parliamo anche del boicottaggio dell’economia di guerra”.
Al panel “Le Religioni e la conversione nell’era globale”, oltre al cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico in Mongolia, la Commissione Spirito di Assisi, i rappresentanti delle religioni e Andrea Bartoli della Sant’Egidio Foundation for peace and dialogue, è intervenuto anche il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme: “Saluto questo incontro su pace e dialogo religiosi che arriva in un momento molto difficile in Terra Santa: nessuno vuole sentire la parola pace e in pochi ci credono, non si vuole neanche sentire parlare di rapporto tra religioni e pace, perché si dice che i motivi delle tensioni siano religiosi e che ci siano delle scelte politiche legate alla religione. Quello che viviamo è il momento più difficile degli ultimi decenni, ed è uno spartiacque nella vita politica del paese. Tra israeliani e palestinesi ci sono questioni rimaste in sospeso che ora sono esplose e serve affrontare i problemi alla radice: oggi le relazioni tra le varie comunità sono ai minimi storici, gli ebrei non si sentono supportati da cristiani e i musulmani sono accusati di essere conniventi con i fatti 7 ottobre, mentre cristiani si dividono qui e là. Ma la crisi deve essere un’opportunità e un momento di crescita: il dibattito ha puntato molto sulle ferite del passato, un bagaglio che ci portiamo tutti dietro, ma bisogna guardare le ferite del presente e il dialogo interreligioso deve essere capace di costruire prospettive per il futuro. Abbiamo bisogno di una nuova sintassi del dialogo interreligioso, di rimettere a fuoco temi e rapporto tra politica e religione, il rapporto tra fede, religione e Stato, il rapporto tra religione e terra. Noi cristiani abbiamo spiritualizzato la lettura biblica, ma altri non lo hanno fatto: ci sono differenze che non abbiamo affrontato e ora sono nodi venuti al pettine. Bisogna abbattere pregiudizi e stereotipi, un passo necessario per costruire prospettive di pace: in Medio Oriente non si può parlare di pace senza religione, ma finora la visione religiosa non è stata inclusa, si parla solo di territori e spazi, argomenti che non hanno funzionato. È necessario riconnettere la visione religiosa ‘liberata’ dal potere, dai condizionamenti, per illuminare chi decide nella maniera giusta perché, se si costruiscono prospettive di pace in Medio Oriente verrà contagiato anche il resto del mondo”.
Nel pomeriggio il panel dal titolo: “La conversione delle armi nucleari e la pace nel mondo”. Dopo il dibattito, la giornata si è chiusa con le riflessioni finali di monsignor Sorrentino e del presidente Rotunno.
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