Oltre 230 firme per chiedere di non dismettere o ridurre la superficie dell’area protetta di San Gregorio, trasformandola in una zona di caccia che cozzerebbe con alcune delle attività presenti, non solo ricettive, ma anche eremi, ritiri spirituali e campus didattici. Il tutto in un’area delimitata da un lato dal fiume Chiascio da Pianello fino a Rocca Sant’Angelo fino a salire fino al confine con il comune di Valfabbrica su una superficie di circa 550 ettari, nella terra natale di San Francesco, patrono dell’ecologia.
A chiederlo sono le Pro loco di Rocca Sant’Angelo, Torchiagina e Petrignano (Assisi), Pianello (Perugia), insieme al circolo Borgo San Gregorio e alla Comunità Adveniat di Rocca Sant’Angelo di Assisi, in collaborazione con gli abitanti ed i proprietari dei terreni oggi presenti all’interno dell’aerea protetta ZRC di San Gregorio. Le 233 firme sono state inviate a Regione, Provincia e Comune di Assisi, per sottolineare come la stragrande maggioranza di chi vive o lavora nella zona è “assolutamente contraria alla dismissione o riduzione della superficie dell’area protetta di San Gregorio”, come dimostrano le firme in continuo aumento di proprietari, conduttori dei terreni, attività ricettive e tanti cittadini. Una proposta ripresa anche dalla giunta. Il sindaco ha scritto alla presidente della Regione Donatella Tesei e al presidente della Provincia Luciano Bacchetta con cui si fa propria l’istanza della comunità del posto, Pro Loco in testa, preoccupata dell’eventuale sconvolgimento dell’equilibrio naturale dell’area.
A far discutere è la possibilità di aprire una nuova zona di caccia, a pagamento, sull’area protetta di San Gregorio, zona ‘vigilata’ dal maggio del 1982 che era stata creata in sostituzione ed integrazione della precedente oasi di protezione di San Gregorio, nel Comune di Assisi. Una tale ipotesi, secondo i firmatari, “altererebbe inevitabilmente il delicato equilibrio faticosamente raggiunto in tutti questi anni da un ricostituito ecosistema con specie faunistiche non tipicamente venatorie, rare e difficilmente rintracciabili altrove (poiane, falchi, picchi, upupe, scoiattoli, tassi, ghiri, ecc…)”. Tale tentativo peraltro cozza con il piano faunistico venatorio della Regione Umbria 2019-2023 in quanto “la superficie agro-silvo-pastorale protetta si attesta intorno al 18,0%, quindi al di sotto della quota minima del 20% stabilita dalla legge regionale del ‘94 …. Per raggiungere la soglia di legge sarà necessario sottoporre a qualche forma di protezione ulteriori 12.479,22 ettari”. Oltre a ciò, la zona ” è normalmente utilizzata per numerosi e diversi scopi, incompatibili con l’attività venatoria: eremi e ritiri spirituali e di riflessione, campus e percorsi didattici, ricezione turistica con finalità escursionistiche, passeggiate ecologiche a piedi e in bicicletta”.
Per il sindaco Proietti, invece, “La riapertura della caccia altererebbe inevitabilmente il delicato equilibrio faticosamente raggiunto in tutti questi anni da un ricostituito ecosistema, finalità principale dell’istituzione stessa di tale zona, ove sono finalmente presenti anche specie faunistiche non tipicamente venatorie, rare e difficilmente rintracciabili altrove come poiane, falchi, scoiattoli, tassi, ghiri. La eventuale costituzione di questa zona di caccia a pagamento sembrerebbe in contrasto con quanto riportato sul Piano Faunistico Venatorio della Regione Umbria 2019-2023”.
Da considerare anche che nella zona, che è di ripopolamento e cattura e ora a rischio di diventare ambito dei cacciatori, insistono eremi, campus, percorsi didattici, attività turistiche e si svolgono ritiri spirituali, escursioni, passeggiate ecologiche a piedi e in bicicletta. “Insomma al di là del rispetto della natura e della difesa del territorio come ecosistema – ha aggiunto il sindaco – va sottolineata anche la forza attrattiva dell’area in quanto capace di richiamare turisti e visitatori di un certo livello e questo è un beneficio per la città soprattutto in un momento particolare e delicato come quello che stiamo vivendo, di post emergenza Covid-19 che deve segnare la ripartenza di Assisi duramente provata dagli effetti economici della pandemia. Non si dimentichi infine che Assisi è la città di San Francesco, patrono dell’ecologia”.
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