La comunità di Bose batte il Comune di Assisi. Non fa attività ricettiva, ma accoglienza. La casa di via Petrosa può riaprire. “L’attività in argomento – è scritto nella sentenza del tribunale amministrativo pubblicata ieri e riportata oggi dal Corriere dell’Umbria – non può che qualificarsi quale esercizio vocazionale di ospitalità svolto secondo il mandato della Regola di Bose”.
Per il Tar, la comunità di Bose “pratica con convinzione il ministero dell’ospitalità verso chiunque bussi alla porta della comunità al fine di condividerne la vita religiosa. Il tutto, previa valutazione discrezionale delle istanze formulate sulla base delle motivazioni spirituali dei richiedenti. E dell’assenza quindi di ogni finalità latamente turistica”.
Si tratta di “case di convivenza religiosa”, in “nessun modo” assimilabili a “strutture recettive di tipo alberghiere o extralberghiere”. Il Tar accoglie dunque il ricorso della comunità di Bose contro l’ordinanza del 12 settembre 2018. In essa, il dirigente del Comune di Assisi imponeva “di cessare immediatamente l’attività esercitata senza titolo abilitativo in Assisi”.
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