Arriva da Assisi il ricorso accettato dalla Corte Costituzionale che boccia la legge che impone una sanzione minima di sei mensilità se un dipendente pubblico ha causato un danno di immagine all’Ente di appartenenza con assenze ingiustificate. Nei mesi scorsi la Corte dei Conti regionale aveva stoppato il provvedimento (derivante dalla legge Madia), visto che i giudici non ritengono “manifestamente infondata” la domanda dell’avvocato Siro Centofanti, ma anzi “rilevante” per il procedimento. Centofanti, nella sua arringa, aveva in particolare chiesto se sei mesi di stipendio (pari, nel caso specifico, a ventimila euro) fossero una sanzione equa, a fronte di sole quattro ore di danno.
Come emerso nei mesi scorsi, la procura della Corte dei Conti aveva chiesto la condanna a 20mila euro (l’equivalente di sei mesi di stipendio) in favore del Comune come danno di immagine, oltre al pagamento dei 64 euro equivalenti alle quattro ore di lavoro ‘mancate’ (che la dipendente comunale di Assisi licenziata ha sempre sostenuto di aver in realtà svolto saltando la pausa pranzo).
Ma la condanna è stata sospesa perché l’avvocato ha sollevato in particolare la questione di costituzionalità dell’articolo 1 del Decreto legislativo 116 del 2016 (relativo ai licenziamenti nella pubblica amministrazione). L’eccezione è stata sollevata “sia perché la Legge 124/2015 (la Madia, ndr) non conteneva una delega al Governo per introdurre norma in materia di responsabilità contabile, sia perché la previsione di un danno, pari alla retribuzione di sei mesi, era assurda e sperequata rispetto ad assenze di poche decine di minuti”.
Ora la deliberazione della Corte Costituzionale che ha accolto, con effetto per tutta l’Italia, la questione di costituzionalità sollevata dalla Corte dei Conti dell’Umbria. In buona sostanza, il dipendente che sbaglia e determina un danno d’immagine, non potrà più essere punito con il pagamento di sei mensilità, ma il giudice dovrà determinare “il danno in concreto”, che si presume pari al doppio del danno patrimoniale”. Ora si è in attesa della decisione definitiva sul licenziamento della ex dipendente che, nel frattempo prosciolta in sede penale dalle accuse di truffa e falso, è in attesa del giudizio della Cassazione sul tema.
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