“La difesa della famiglia ritiene che sia necessaria una perizia balistica che, sulla base degli esiti finali dell’autopsia, dell’individuazione del bossolo e dell’arma che ha sparato, nonché con l’ispezione dei luoghi, con l’utilizzo di figuranti che rendano verosimile la riproduzione dell’evento, così da ricostruire il più fedelmente possibile la dinamica di quanto accaduto”. Lo chiede in una memoria difensiva l’avvocato Franco Matarangolo, che ipotizza “un’altra ipotesi di dolo eventuale” sulla morte di Davide Piampiano. Un documento arrivato a Firenze quando i pm avevano formulato la richiesta al Gip (che ha poi deciso per l’omicidio colposo), ma con cui viene ipotizzato come il dolo eventuale dovrebbe configurarsi non per aver ritardato i soccorsi ma per il comportamento tenuto da Fabbri, ossia il fatto che fosse uscito senza mettere in atto le cautele per evitare la tragica fatalità. Contestata, dai legali della famiglia, anche l’assenza di una perizia balistica e di una perizia sui telefonini che possa aiutare a fare chiarezza sulle varie chiamate intercorse nei minuti successivi dalla tragedia. La famiglia (aggiornamento delle 16) ha organizzato, per domenica 19 febbraio alle 21, con partenza da piazza San Rufino ed arrivo in piazza San Francesco, “una fiaccolata per ricordare Davide e per rimarcare, al di là di ogni valutazione giuridica, il comportamento di Piero Fabbri. L’appuntamento sarà domenica alle ore 21:00 in Piazza San Rufino”.
La richiesta è motivata dal fatto che “l’indagato sarebbe stato chiamato al telefono dal defunto Davide Piampiano, che gli ha riferito che era stato avvistato un cinghiale ma che si era smarrito il cane che lo seguiva. Fabbri è uscito di casa, armato di fucile per andare incontro al giovane Piampiano; da esperto conoscitore dei luoghi, era quindi conscio dove si trovasse il giovane e che presto si sarebbe imbattuto in lui, avendo ricevuto verosimilmente le coordinate di dove si trovasse; le condizioni di tempo e di luogo lasciavano ampia visuale al Fabbri, che ha deciso di sparare, a suo dire, ritenendo trattarsi di un cinghiale”.
Ma “Fabbri non è un inesperto cacciatore alle prima armi, ha 57 anni e va a caccia dall’età di 14 anni”, quindi non solo è improbabile “la scelta di sparare al minimo fruscio, scambiando una persona per un cinghiale”, ma la ricostruzione di Fabbri – peraltro resa agli inquirenti solo dopo giorni e dopo la constatazione che esistesse un video della tragedia, senza dimenticare tutte le azioni di Fabbri per allontanare da sé i sospetti – “mal si concilia con lo stato dei luoghi, con l’altezza (m. 1,84) e la corporatura robusta di Davide e con il fatto che indossava un giubbotto definito ad alta visibilità”. La perizia viene inoltre richiesta ritenendo non solo che Piero Fabbri non possa essere una fonte certa, ma anche “valutata la già dimostrata callidità dimostrata nell’inquinamento delle prove da parte dell’indagato, che potrebbe continuare, tenuto conto della conosciuta omertà che vige tra i cacciatori”. (Continua dopo la foto)
Nei giorni scorsi anche Piero Fabbri si era detto disposto ad accompagnare gli inquirenti nei boschi del monte Subasio “per spiegare loro cosa è accaduto” e mostrare che non intendeva salvarsi la vita né ostacolare i soccorsi. L’incidente probatorio da svolgersi sul luogo della morte di Davide Piampiano è, per l’avvocato dell’uomo, Luca Maori, “necessario per procedere alla ricostruzione dell’effettiva dinamica dell’accaduto”, tra l’altro per permettere di verificare l’esatta posizione del muratore al momento dell’esplosione del colpo fatale (nota solo al 56enne). Il sopralluogo era stato chiesto anche per ritrovare il bossolo che, per gli inquirenti, Piero Fabbri avrebbe nascosto o buttato, mentre per Maori non è stato trovato in quando, non capendo da dove sia partito il colpo, non è stato cercato nel luogo giusto. Il bossolo è stato però ritrovato qualche giorno fa.
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