(Flavia Pagliochini) Grande partecipazione alla Sala Cimabue per la proiezione con dibattito di “Io capitano” di Matteo Garrone, iniziativa promossa da Sacro Convento e Articolo 21, con Umbria Green Festival e insieme al Comune di Assisi.
Io Capitano – presentato in anteprima al Festival di Venezia 2023, dove ha vinto il secondo premio per la miglior regia, il premio Mastroianni per l’attore protagonista Seydou Sarr, dove è stato acclamato dalla critica italiana e internazionale e che rappresenterà l’Italia ai prossimi Oscar – è un film drammatico che racconta l’Odissea di due giovani migranti senegalesi nel Mediterraneo, Seydou e Moussa, che cercano di raggiungere l’Europa partendo dalla loro terra. La trama li segue nel loro viaggio attraverso il deserto, i centri di detenzione in Libia e il mare, fino a quando arrivano in Italia.
Prima della proiezione, Matteo Garrone ha brevemente presentato l’opera al pubblico, circa 300 persone, sottolineando di non aver voluto mostrare quello che succede dopo l’arrivo in Italia e in Europa, ma quello che succede prima, il viaggio nel deserto e le violenze che nel film non vengono tanto mostrate quanto lasciate percepire dagli occhi del protagonista. “Per raccontare questa storia – ha detto – ho cercato di aggrapparmi ai racconti dei protagonisti e alla loro storia, scrivendo la sceneggiatura con loro sempre accanto; le comparse in viaggio, nel deserto, nelle scene in Libia, sono tutte persone che hanno vissuto questa Odissea, una parola che uso perché i migranti sono portatori dell’epoca contemporanea. Ho passato mesi insieme a loro, che raccontano il viaggio come un ‘andare all’avventura’. È appunto un viaggio, un’avventura contro un sistema ingiusto, contro un sistema che impedisce a dei ragazzi di muoversi liberamente. È la lotta, la battaglia, un tentativo dei ragazzi di inseguire il loro sogno”.
Garrone ha spiegato che “Io Capitano non parla di una migrazione che pure esiste, quella di chi fugge dalla guerra o dal cambiamento climatico: parla di una migrazione di giovani, che poi sono il 70% della popolazione africana, che pur venendo da una povertà dignitosa, come quella del nostro dopoguerra, in cui si era poveri ma si riusciva a mettere qualcosa in tavola, partono spinti dal desiderio di venire di qua, di guadagnare di più per aiutare la famiglia”. Lo fanno perché “la globalizzazione è arrivata anche lì: grazie ai social hanno accesso al nostro mondo, vedono questo luccichio e questa ricchezza, non vedono il dietro le quinte che c’è dietro questa ricchezza, ma le immagini che noi gli proiettiamo. E, spinti dal desiderio, di voler aiutare la famiglia, di viaggiare e di cercare nuove opportunità, partono e mettono in gioco la loro vita”.
E se Io Capitano “è un film che abbiamo realizzato insieme a loro: ho cercato di dare voce a chi di solito voce non ha, lasciando che i miei personaggi si fondessero con il vissuto reale degli attori. Loro mi hanno raccontato le loro storie, io ho dato la mia visione. E sono stato fortunato, perché ho trovato degli attori straordinari”, Garrone è curioso di vedere come il film sarà accolto in Africa. “Vedremo se sarà un monito, a non correre quei rischi estremi,ma non credo che si fermeranno davanti a queste immagini. La voglia di vita e di cercare opportunità, la voglia di conoscenza per vedere di persona ciò che vedi al cellulare non è fermata dalle notizie e non verrà fermata dal film. Un film che abbiamo girato anche pensando ai ragazzi, per far capire loro che dietro ai numeri ci sono persone, spesso ragazzi come loro. Ed è interessante il dibattito che ne è nato e – ha concluso il regista – sono felice che il mio film sia proiettato nelle scuole”.
Foto Rivista San Francesco
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