Il Museo Diocesano e Cripta di San Rufino di Assisi è lieto di annunciare la conclusione del restauro del trittico raffigurante la Madonna col Bambino, San Francesco e San Sebastiano, realizzato da Matteo da Gualdo per la Chiesa di Santa Maria delle Grazie all’interno del Castello di Palazzo di Assisi e, a partire dal 1941, custodito nel museo. I lavori, eseguiti grazie al sostegno della Fondazione Perugia e co-finanziati anche attraverso la campagna di raccolta fondi “Adotta un’opera”, saranno presentati al pubblico sabato 23 luglio 2022 alle ore 21 presso la Biblioteca Diocesana di Assisi. Dopo i saluti di mons. Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno e del prof. Maurizio Tittarelli Rubboli della Fondazione Perugia, interverranno lo scrittore Matteo Bebi e la curatrice del restauro Francesca Canella con la collaborazione di Christiane Zschiesche. L’intermezzo musicale sarà curato da Laura Cannelli (voce) e Filippo Calandri (cornetto rinascimentale). La serata si concluderà con un brindisi offerto a tutti i partecipanti.
Con il restauro del trittico di Matteo da Gualdo è stata recuperata un’opera del Quattrocento fortemente compromessa, che tornerà così ad essere pienamente fruibile all’interno del museo che la custodisce, aumentandone l’attrattività. L’intervento è pienamente in linea con le azioni intraprese dal Capitolo della Cattedrale di San Rufino negli ultimi anni, mirate alla valorizzazione della parte alta della città di Assisi e, al contempo, contribuirà alla valorizzazione dei lavori di un Maestro eccentrico del Rinascimento umbro che ha lasciato numerose testimonianze artistiche in gran parte del territorio delle diocesi di Assisi -Nocera Umbra -Gualdo Tadino e di Foligno.
Il restauro ha inoltre permesso di fissare nuovi punti fermi nella cronologia dei lavori del pittore ma anche di aprire interessanti interrogativi che potrebbero essere approfonditi attraverso ulteriori studi.
La storia del trittico di Matteo da Gualdo
Il trittico custodito nel Museo Diocesano di Assisi è opera di Matteo da Gualdo, artista discendente da una singolare famiglia di notai-pittori, che fu attivo tra la seconda metà del XV e gli inizi del secolo successivo con una fiorente bottega operante nei territori di Gualdo Tadino, Nocera Umbra e Assisi. La produzione di questo originale “genius loci”, semplice e colta insieme, guarda inizialmente, in ambito locale, agli esempi estrosi di Bartolomeo di Tommaso da Foligno ma rapidamente si aggiorna su altre diverse componenti: la cultura padovana squarcionesca, gli artisti di Camerino, Carlo Crivelli e i suoi seguaci, Niccolò Alunno.
Il trittico del Museo Diocesano fu eseguito per la cappella di Santa Maria delle Grazie nel castello rurale di Palazzo di Assisi. Nel 1932 il trittico venne trasportato nel Vescovado della Città Serafica, per poi confluire nella collezione del nuovo Museo Capitolare nove anni più tardi.
La presenza della figura di San Sebastiano, permette di ipotizzare che l’opera sia stata eseguita in un momento in cui la popolazione del castello voleva invocare la protezione divina contro la peste, malattia che era endemica ad Assisi nella seconda metà del Quattrocento. Da notare la vicinanza della Madonna e del Bambino con le figure centrali di una Maestà realizzata nel 1475 per la chiesa assisana di San Paolo.
Lo stato dell’opera prima del restauro
Il trittico di Matteo da Gualdo necessitava urgentemente di un intervento perché era interessata da diffusi sollevamenti del colore con notevole perdita della pellicola pittorica. Le cromie risultavano fortemente alterate dall’ossidazione di vecchie vernici e da spessi depositi di sporco. Le trabeazioni orizzontali di sostegno erano allentate ed erano presenti stuccature da ricondurre a precedenti restauri. L’incamottatura era staccata in corrispondenza dei margini laterali del dipinto e nelle basi dei pilastri, con conseguente perdita della doratura. La sistemazione strutturale del trittico risultava, infine, precaria e le tre tavole che lo componevano, in cui erano presenti fenditure, sembravano tenute insieme soltanto dalla trabeazione superiore.
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