La Filcams Cgil Perugia e la Filt Cgil Umbria esprimono la loro forte preoccupazione in merito alle situazioni venutesi a creare presso gli stabilimenti della Nestlé Perugina di Perugia e della Colussi di Petrignano di Assisi, che coinvolgono anche i lavoratori degli appalti esterni. “Negli ultimi incontri che le categorie sindacali degli alimentaristi e le Rsu aziendali di entrambi gli stabilimenti hanno tenuto in Confindustria si è insistito nell’individuare nell’internalizzazione di tutti o parte dei servizi in appalto, una possibile parziale soluzione per contenere gli esuberi dichiarati dalle due aziende”, spiega la nota in cui si esprimere preoccupazione per gli appalti Colussi e Perugina.
“Filcams Cgil e Filt Cgil rimangono scettiche in primo luogo rispetto allo strumento, che comunque non permetterà di risolvere il problema né di Colussi né ancor di meno di Nestlé Perugina, visto che è risaputo che esternalizzare servizi, come le pulizie civili ed industriali oppure i magazzini di stoccaggio e spedizione, ha sempre permesso alle aziende appaltanti di avere un grande risparmio, sia di denari che di gestione del personale. Ma soprattutto – continua la nota in cui si parla degli appalti Colussi e Perugina – Filcams e Filt esprimono una forte preoccupazione per la sorte dei tanti addetti delle cooperative e/o ditte esterne coinvolte negli appalti. Appalti che sono in essere da decenni, in alcuni casi da 30 anni e che impiegano centinaia di lavoratori, moltissime donne, ma anche giovani, che negli ultimi anni hanno visto nelle cooperative e/o aziende di servizi un modo per entrare nel mondo del lavoro, sentendosi dopo tanti anni di fatto come colleghi dei lavoratori della Perugina o della Colussi”.
“I lavoratori e le lavoratrici degli appalti Colussi e Perugina, dopo le assemblee tenutesi nei giorni scorsi, chiedono dunque, prima di tutto, di essere informati sullo stato delle due trattative. Chiedono inoltre che non si scarichi su di loro l’intero problema e che ci si renda conto che eventuali reinternalizzazioni aprirebbero, per la maggior parte di loro, le porte della disoccupazione più nera, visto che difficilmente le cooperative e/o aziende per cui lavorano potrebbero ricollocare così tanti addetti presso altre commesse”.
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