Grande successo per l’anteprima di Assisi Pax Mundi 2021, il concerto la presentazione del libro “Cantori romani. Musica sacra a Roma nei ricordi di Otello Felici, cantore pontificio” del M° Simone Baiocchi – Cappella Musicale della Basilica Papale di San Francesco . Un incontro moderato da p. Giulio Cesareo OFM conv e svolto in collaborazione con Zecchini Editore. Di seguito un intervento tratto dal sito assisipaxmundi.org tratto dalla Premessa del libro di Simone Baiocchi “Cantori Romani” e presentato all’anteprima di Assisi Pax Mundi 2021.
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“Ci sono incontri nella vita che aprono orizzonti nuovi, imprevisti e fino a prima di quel momento, forse anche inimmaginabili. Sono finestre che si affacciano su paesaggi straordinari della storia: una narrazione di vite vissute che è un susseguirsi di intere epoche e di pezzi di mondo scomparsi. Come in una sorta di macchina del tempo, attraverso questi incontri si ha il privilegio di scoprire un universo ormai trascorso, che vive ancora negli occhi e nella memoria di colui che si ha avuto la fortuna di incontrare durante il cammino della propria vita. È come trovarsi di fronte ad una porta che dà accesso ad una grande sala in cui noi non potremo mai entrare, ma grazie a questa soglia possiamo affacciarci per guardare dentro e in tal modo scorgere persone e cose”.
“È stato così – ha spiegato l’autore all’anteprima di Assisi Pax Mundi 2021 – quando ho incontrato il cardinal Domenico Bartolucci, singolare anello di una serie di maestri sistini che vanno collegandosi tra loro in vicende ed espressioni artistiche ormai lontane. Conseguentemente al mio incontro con Bartolucci ho conosciuto una serie di persone che a lui erano unite, come una moltitudine di rami si innestano all’unico grande tronco, o meglio ancora come tanti sentieri via via si uniscono tra loro in strade sempre più importanti, che conducono il viaggiatore verso l’unica grande meta: Roma, la culla della musica sacra. Una Roma che in questa accezione oggi purtroppo non esiste più: attualmente possiamo vedere soltanto pochi resti che ricordano le glorie non lontanissime di una civiltà passata, fatta di valenti maestri e di un’intensissima attività musicale di compositori, organisti e cantori. In queste pagine proprio di loro voglio raccontare: i cantori. Essi sono stati la grande manovalanza delle esecuzioni nelle basiliche di Roma: una manovalanza qualificata, professionalissima ed esperta. Tenori, baritoni, bassi, falsettisti, ragazzi e, andando indietro nei decenni sino a spingerci tra Novecento e Ottocento, persino gli ultimi rappresentanti della dinastia dei castrati, di cui si è tanto parlato e scritto”.
“Avvolti da un’atmosfera quasi leggendaria, dopo il grande successo che alcuni di loro ebbero nell’ambito del teatro durante il Settecento, i cantori evirati hanno avuto per ultimo luogo di espressione le cantorie ecclesiastiche: confinati in una sorta di malinconica cattività, in questo contesto si è conclusa la loro eccezionale e discussa epopea. Ecco l’universo eterogeneo e variegato dei cantori di Roma: si tratta di uomini che in molti casi disponevano di capacità vocali fuori dall’ordinario, supportate da ottima lettura musicale, a cui univano una sicura conoscenza del repertorio e dei riti che fino a sessant’anni fa erano molto più complessi e musicalmente impegnativi di quanto lo sono oggi. Un brulicare di musici, su e giù dalle cantorie, avanti e indietro per le vie della città eterna, dalle grandi basiliche alle chiese più piccole sino ad arrivare ai castelli, dove per le festività patronali venivano convocati i cantori da Roma e per la gente era un avvenimento eccezionale udire quelle potenti voci che davano suggello autorevole alla festa, prestando servizio alla solenne Messa cantata nella chiesa principale del paese”.
“A volte i cantori – è stato spiegato durante l’anteprima di Assisi Pax Mundi 2021 – erano conosciuti per nome anche tra la gente comune: ancora nei primi decenni del Novecento, le persone che venivano in basilica portandosi con sé uno sgabellino, mentre cercavano uno spazio dove sistemarsi domandavano a chi era giunto sul posto prima di loro se sapevano chi avrebbe cantato i soli nei pezzi più celebri ed attesi. Dunque, quella dei cantori era un’attività tenuta in grande rispetto, tanto da essere chiamata in gergo la professione: sì, era la professione romana del cantore di musica sacra e per questo chi la esercitava spesso si avvaleva del titolo di professore, anche se qualche volta aveva in tasca appena la licenza elementare. Un titolo meritato in virtù delle proprie abilità musicali, un titolo che i cantori si erano conquistati poco alla volta nell’arco di alcuni secoli, tra il Cinquecento e l’Ottocento. Infatti, fino all’avvento del Regno d’Italia, per esercitare la professione era obbligatorio appartenere o alla Congregazione dei Musici di Roma sotto la protezione di San Gregorio Magno e di Santa Cecilia (divenuta poi Congregazione di Santa Cecilia), o alla congregazione dei Cappellani Cantori Pontifici (la Cappella Musicale Pontificia Sistina). Per appartenere alla Congregazione di Santa Cecilia si doveva sostenere un esame al termine del quale veniva rilasciato un patentino: diversamente non era possibile esercitare in Roma la professione di musicista di chiesa. I cantori del ventesimo secolo però, anche se non erano più organizzati in corporazione com’era avvenuto durante tutto il periodo dello Stato Pontificio, riverberavano ancora quegli antichi fasti, tenuti vivi dalla pratica quotidiana che è proseguita fino agli anni del Concilio Vaticano II”.
FOTO © Mauro Berti-AssisiNews
(La manifestazione è uno degli sponsor di AssisiNews e AssisiEventi)
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