Sergio Mattarella è arrivato ad Assisi alle quattro meno dieci per aprire i lavori di Sete di Pace, l’evento che ricorda il trentennale dello Spirito di Assisi: ad accogliere il Presidente della Repubblica, le autorità e molti cittadini.
Il Presidente ha dato ufficialmente l’avvio alla manifestazione Sete di Pace, dopo la solenne celebrazione nella Basilica di San Francesco di questa mattina, che ha dato il via all’evento che vede riunirsi nella città Serafica i rappresentanti delle tante religioni del mondo, a distanza di 30 anni dall’incontro voluto da Papa Guovanni Paolo II nel 1986.
Sergio Mattarella si è soffermato con i presenti salutando una volta sceso dall’auto. Tanti i commenti di felicità da parte dei più, tutti concordi dell’importanza che “il messaggio di pace oggi ricopre, in un mondo in cui c’è forte necessità di dialogo e in un momento particolarmente difficile”. “Pensare che domani arriverà di nuovo Papa Francesco, a distanza di più o meno un mese dall’ultima visita, è una gioia immensa – dicono un gruppetto di ragazzi assiepati fuori al Teatro Lirick – Assisi è la città della pace, in questi giorni un messaggio di speranza all’unisono parte da Assisi per gridare forte al mondo la necessità di fratellanza e serenità”.
Sergio Mattarella, prima dell’inizio della cerimonia, ha avuto un colloquio privato con sua Santità Bartolomeo I, con il vescovo di Assisi monsignor Domenico Sorrentino, l’iman Azad del Pakistan, il rabbino Argentino Skorka, e i rappresentanti dell’Africa. “Il dialogo tra le religioni, tra credenti e non credenti, il dialogo della cultura può molto, più di quanto sembri, perché lo scontro contro la violenza estremista è anche scontro culturale. Quindi la cultura può prevalere sull’estremismo”, ha detto nel suo saluto il presidente della Repubblica.
L’assemblea d’inaugurazione alla quale ha partecipato anche Sergio Mattarella è stata presieduta dalla vicepresidente della Comunità di Sant’Egidio Hilde Kieboom; dopo i saluti del vescovo di Assisi Domenico Sorrentino, della presidente della Regione Catiuscia Marini e del duca del Lussemburgo Enrico, le relazioni di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, di Bartolomeo I Patriarca ecumenico di Costantinopoli (“Un dialogo interreligioso serio è di significativo aiuto per promuovere una fiducia reciproca, la pace e la riconciliazione”, un “evento comune, un’impresa collettiva” che “deve essere la risposta ecumenica alla responsabilità ecumenica”), e di Zygmunt Bauman. Il sociologo ha descritto “dimensione cosmopolita” nella quale oggi viviamo, nella quale “ogni cosa ha un impatto sul pianeta, sul futuro e sui nipoti dei nostri nipoti”, perché “siamo tutti dipendenti gli uni dagli altri”. E per “capire come integrarci senza rinunciare alla nostra identità”, occorre, come insegna papa Francesco, “promuovere una cultura del dialogo, imparare a rispettare lo straniero, il migrante, persone che vale la pena di ascoltare”; considerare che “l’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro non è pura carità, ma un obbligo morale, passando dall’economia liquida che usa la corruzione ad una cultura che permetta l’accesso alla terra mediante il lavoro”; e infine porre la cultura del dialogo al centro dell’educazione, che è un processo a lunghissimo termine, da perseguire con pazienza, coerenza e pianificazione: una rivoluzione culturale rispetto al mondo in cui si invecchia e si muore prima ancora di crescere”.
Nel messaggio inviato ai partecipanti, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, indica il “cammino da percorrere” per vincere le sfide del nostro tempo e lo ricava dal metodo, dal “lavoro” di Sant’Egidio, che “con il suo carattere interreligioso e interculturale, riafferma che solo attraverso il dialogo e il negoziato possiamo trovare soluzioni sostenibili alla violenza”.
Alcune testimonianze, nella prima giornata dell’Incontro cui ha partecipato anche Sergio Mattarella, hanno dato conto di come, anche grazie all’impegno delle donne e degli uomini della Comunità di Sant’Egidio, lo spirito di pace di Assisi e il cammino comune di questi 30 anni abbia generato tante paci locali. Così Faustin Archange Touadéra, presidente della Repubblica Centrafricana, ha ricordato che nel suo paese la pace è stata resa possibile “perché uomini e donne di fede non hanno accettato la logica dello scontro di religione”. Baleka Mbete, presidente dell’Assemblea nazionale sudafricana, ha descritto la trasformazione del suo paese da “teatro di guerra”, da “Stato canaglia” a “nazione arcobaleno”, indirizzato, anche se “ancora in formazione”, sulla strada di una “pace sostenibile” avendo scelto “la via della giustizia di transizione, invece di una infinita caccia alle streghe e infinite punizioni”.
Mohammed Sammak, Consigliere politico del Gran Muftì del Libano, ha detto che “affrontare il tema dell’estremismo religioso è un dovere innanzitutto dei musulmani” che hanno il dovere di liberare la loro religione dal ‘dirottamento’ cui gli estremisti hanno sottoposto l’Islam usandolo come “strumento di vendetta, movimento totalitario in nome della religione”. Allo stesso modo, il rabbino israeliano Avraham Steinberg ha ricordato l’insegnamento biblico e del Talmud, che non vedono “alternativa alla pace per la coabitazione internazionale”, per cui “uccidere per disaccordo è la colpa più grande, e nessuna al mondo timorata di Dio può giustificarlo”. L’arcivescovo di Rouen, mons. Dominique Lebrun, ricordando l’assassinio di padre Jacques Hamel, al termine della Messa che stava celebrando, ha chiesto “la grazia che il riconoscimento del martirio non sia una bandiera innalzata per combattere e condannare; ma la gioia di rendere grazie per il dono di un prete che ha donato la sua vita in nome di Cristo”.
Al termine dell’incontro di oggi al quale ha partecipato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella arriva anche il commento di Stefania Proietti: “L’incontro di oggi è stato fortemente stimolante e ha lanciato importantissimi spunti di riflessione. Tutti gli interventi hanno centrato il cuore di queste tre giornate: l’ormai più che necessario passaggio dalla Pace come idea astratta ad un progetto concreto in grado di trasformarsi in azione. Le nostre azioni, non dobbiamo dimenticare, hanno conseguenze importanti sulle persone e sull’ambiente che ci circonda e la Pace che occorre realizzare non è una sola: è la Pace personale, la Pace ecologica e quella culturale, come ha ricordato Bartolomeo I nel suo discorso. Tutta la città di Assisi è orgogliosa di farsi, in questi giorni e non solo, ponte e strumento nell’importante azione di dialogo per abbattere le incomprensioni.
“Pensare che domani arriverà di nuovo Papa Francesco, a distanza di più o meno un mese dall’ultima visita, è una gioia immensa – dicono un gruppetto di ragazzi assiepati fuori al Teatro Lirick – Assisi è la città della pace, in questi giorni un messaggio di speranza all’unisono parte da Assisi per gridare forte al mondo la necessità di fratellanza e serenità”
(Foto: Mauro Berti)
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