Un albero ascolta è l’ultima fatica fotografica di Andrea Cova. Dieci scatti in bianco e nero stampati su tessuto. Rami che si intrecciano tra loro per una grafica che si fonde perfettamente con gli alberi reali a cui sono appese. La scelta di stamparle su tessuto è stata dettata dalla volontà di vederle muoversi spinte dal vento, proprio come i rami veri. E proprio come i rami è necessario alzare la testa per guardarli. L’installazione – inaugurata il 25 maggio e in scena fino a domenica – è inserita nel programma di Alberi di Maggio, evento organizzato dall’Associazione Alberi Maestri, che ogni anno organizza al camping Fontemaggio.
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Il titolo cita una parte di Erri De Luca, che fa anche da presentazione a Un albero ascolta: “Così mi trovo a stare la giornata in un giardino a badare ad alberi e a fiori e a stare zitto in molti modi e dentro qualche pensiero di passaggio, una canzone, la pausa di una nuvola che toglie sole e peso dalla schiena. Vado per il campo con un nuovo alberello di melo da piantare. Lo metto giù, lo giro, guardo i suoi rami appena accennati tentare posto nello spazio intorno. Un albero ha bisogno di due cose: sostanza sotto terra e bellezza fuori. Sono creature concrete ma spinte da una forza di eleganza. Bellezza necessaria a loro è vento, luce, uccelli, grilli, formiche e un traguardo di stelle verso cui puntare la formula dei rami. La macchina che negli alberi spinge linfa in alto è bellezza, perché solo la bellezza in natura contraddice la gravità. Senza la bellezza l’albero non vuole. Perciò mi fermo in un punto del campo e chiedo: “Qui vuoi?” Non mi aspetto una risposta, un segno nel punto in cui tengo il suo tronco, però mi piace dire una parola all’albero. Lui sente i bordi, gli orizzonti e cerca un punto esatto per sorgere. Un albero ascolta comete, pianeti, ammassi e sciami. Sente le tempeste sul sole e le cicale addosso con la stessa premura di vegliare. Un albero è alleanza tra il vicino e il perfetto lontano. Se viene da un vivaio e deve attecchire in suolo sconosciuto, è confuso come un ragazzo di campagna al primo giorno in fabbrica. Così lo porto a spasso prima di scavargli il posto.”
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