Aleida Guevara ad Assisi, incontrerà i frati e visiterà la Basilica. Lo scrive Francesca Vignoli, replicando a Stefano Pastorelli, nei giorni scorsi critico sull’incontro.
“QUANDO DO DA MANGIARE A UN POVERO, TUTTI MI CHIAMANO SANTO. QUANDO CHIEDO PERCHÉ I POVERI NON HANNO CIBO, TUTTI MI CHIAMANO COMUNISTA” (Helder Camara, arcivescovo cattolico e teologo brasiliano)
“Pastorelli scrive che l’incontro pubblico con Aleida Guevara ad Assisi, organizzato dal Circolo culturale primomaggio, in cui si parlerà del sogno del Che e dell’attualità dei suoi valori, ‘stona alquanto, con la nostra bellissima Assisi, riconosciuta in ogni dove come città della Pace’. Mi piacerebbe chiedergli – scrive Vignoli – se ha mai avuto modo di documentarsi sul ‘sogno del Che’ e sui “valori del Che”. Direi di no, perché allora avrebbe evitato di scrivere”.
“A parte la totale assenza di correttezza grammaticale delle sue considerazioni (invece di ‘prima gli italiani’ sarebbe meglio che praticasse ‘prima l’italiano’), dopo aver precisato di non voler far ricadere le colpe dei padri sui figli, a sostegno della sua tesi di stonatura Pastorelli dichiara che ‘è evidente che Aleida Guevara condivida il passato del padre’. Dunque il rischio della proprietà transitiva ‘padre rivoluzionario-figlia rivoluzionaria’ secondo Pastorelli è massimo. Ma non aveva appena detto di non voler far ricadere le colpe dei padri sui figli? Ops, è vero, questa è una figlia!”
Prosegue Pastorelli a proposito della visita di Aleida Guevara ad Assisi: ‘Per appartenere alla famiglia democratico-liberale, sarebbe invece necessario dissociarsi da tutti i totalitarismi’. Bella questa! – il commento di Vignoli – Invitare Aleida Guevara a parlare di suo padre ad Assisi significa sostenere i totalitarismi? Ma che mente contorta può produrre un ragionamento simile? Sono tuttavia contenta del fatto che Pastorelli sappia che ‘per motivi storici, l’Italia è fondata sull’antifascismo ma non sull’anticomunismo’. Gli è noto dunque che nella storia del nostro paese il fascismo – non il comunismo – è stato uno dei momenti più bui. Benito Mussolini spinse l’Italia in una guerra che costò la morte, tra civili e soldati, a più di 470 mila connazionali; attaccò l’Etiopia autorizzando l’impiego di armi chimiche che causarono la morte di decine di migliaia di etiopi. Per non parlare delle leggi razziali che consegnarono tanti ebrei italiani nelle mani di Hitler”.
“Misfatti del fascismo storicamente provati, questi. Quali documenti, invece, Pastorelli ha consultato per elencare quello di cui accusa Che Guevara? Dalle ‘non meno di 144 esecuzioni sommarie’ all’essere ‘acerrimo avversario’ della musica rock, dei jeans, dei termini anglosassoni, dei ‘capelloni’ o chi era troppo alla moda, fino all’introduzione a Cuba dei lager nei quali finivano dissidenti, omosessuali, cattolici, testimoni di Geova, sacerdoti afro-cubani e altri ancora. Immagino documenti velocemente reperiti nella rete, facendo copia e incolla. Li ho trovati anche io: nel sito ‘dedicato al Prof. Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) pensatore e leader cattolico, ispiratore delle Società per la difesa della Tradizione Famiglia e Proprietà – TFP’, farneticante associazione romana; o nell’altrettanto farneticante libro autopubblicato da un certo Antonio Giangrande, dal titolo ‘Il comunista Benito Mussolini’. Tutta documentazione chiaramente attendibile! Nell’epoca delle fake news (fandonie in italiano) dilaganti, il mio consiglio a Pastorelli è quello di informarsi meglio”.
“Se avesse voluto, in rete avrebbe trovato anche ben altre cose: per esempio che il Che resta, come scrisse il giornalista Gianni Minà, ‘il simbolo della lotta contro le dittature, lo sfruttamento, le sofferenze e la fame’ e ‘il simbolo di riscatto non solo degli oppressi di un continente, ma anche di tutti coloro che nel mondo, come lui, sognavano e sognano una società più solidale, non schiava solo del profitto’. Ma anche che il prestigio del personaggio – scrive Vignoli difendendo la visita di Aleida Guevara ad Assisi – è legato alla sua coerenza, all’assenza di calcoli politici, all’indifferenza con cui abbandonava onori e glorie, alla caparbietà nel rifiutare privilegi, alle sue denunce degli sprechi, delle furberie, della burocratizzazione, dell’approssimazione”.
“E ancora: che la componente etica è stata il perno dell’agire di Guevara. Che parlava sì di forgiare l’uomo nuovo, ma inteso come uomo pronto a donare se stesso a favore della collettività, spinto a questi comportamenti dall’istruzione, dall’esempio, dalla mobilitazione. Perché Che Guevara credeva nella perfettibilità dell’essere umano, nella sua capacità di diventare popolo pur rimanendo individuo, nella possibilità di saldare la politica a un’eticità superiore. Inutile dunque che Pastorelli si chieda “cosa c’è di liberale in quest’uomo per la sinistra”. La storia parla: chi ha avuto l’onore di conoscerlo ricorda il Che come uomo rigido ma di grande generosità e umanità, una persona capace di essere dura senza mai perdere la tenerezza. E tornando alla presenza di Aleida Guevara ad Assisi alla ProCivitate Christiana – conclude Vignoli – è anche inutile che Pastorelli chieda ‘soprattutto una eventuale ricollocazione evitando di strumentalizzare e di bestemmiare il nome di Assisi e di chi lo ha portato in auge, ossia, San Francesco, lui sì, Santo’. I valori del Che non contrastano né con la città della pace né con San Francesco e infatti Aleida Guevara ad Assisi incontrerà il custode del Sacro Convento e i frati le faranno una visita guidata della Basilica”.
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