Alcuni giorni fa, il consigliere M5s Fabrizio Leggio, ha informato la cittadinanza del recente permesso a costruire rilasciato dal comune di Assisi alla Provincia dei Frati Minori Cappuccini. All’immobile dei frati venduto a privati è stato concesso il cambio di destinazione d’uso per trasformarlo da convento a residenza d’epoca, ristorante e bar. Come spiegato dagli stessi religiosi, la decisione di vendere “è stata presa anche in linea con le direttive che vengono da Roma: gli acquirenti sono imprenditori di Assisi”.
“Quasi scontata – scrive Leggio a proposito dell’immobile dei frati venduto a privati è stata la reazione del territorio davanti l’ennesima azione a scopo di lucro a fini turistici da parte delle autorità religiose presenti nel nostro Comune. Subito è arrivata anche la puntualizzazione a mezzo stampa del Padre Provinciale dei Cappuccini, il quale specificava che tale attività ricettiva non sarebbe stata svolta da loro ma da privati a cui hanno già venduto l’immobile in oggetto. Di solito, per non ridurre l’operazione ad una mera speculazione edilizia, chi chiede un cambio d’uso finalizzato all’avvio di un’attività turistica dovrebbe avere titolo per farlo, un’autorizzazione SUAP e essere anche il soggetto interessato ad esercitare l’attività medesima. Inoltre, analizzando la documentazione in nostro possesso, non siamo riusciti a trovare il nulla osta esplicito della Soprintendenza al cambio di destinazione d’uso ai sensi dell’art. 21 comma 4 della legge 1089. Peccato che il PD di Assisi si sia precipitato a ribadire l’assoluta legittimità degli atti comunali senza entrare nel campo etico della questione. Dal partito dell’assessore Pettirossi, che nei commenti al PRG parlava di ritornare alle linee guida del piano Serra/Lugli, nel quale di auspicavano limitazioni al numero di attività commerciali e turistiche, ci aspettavamo altro rispetto ad una difesa ad oltranza di ciò che è stato fatto.”
“Il tema a cui vogliamo fare riferimento non è quello della legittimità legale di tale questione, ma se sia opportuno che enti religiosi come i Frati Cappuccini, si prestino a questo genere di speculazioni.
Perché i compratori hanno preteso che il cambio d’uso fosse richiesto dai Frati, forse perché credevano che i Cappuccini avessero dei canali preferenziali con la Soprintendenza? I più informati – conclude inoltre il consigliere Fabrizio Leggio – ipotizzano che la vendita di questo palazzo fosse necessaria per sistemare i conti della Provincia dei Frati Minori Cappuccini, a causa dei costi dei lavori di ampliamento del convento di via Giovanni XXIII, divenuto ormai un’attività ricettiva con oltre 150 camere. Ci chiediamo, come conciliano i Frati queste attività con la Regola Francescana?”.
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