Riceviamo e pubblichiamo una serie di interventi di Paolo Ansideri, con cui si spera di innescare un dibattito su alcuni punti della vita culturale e sociale della città. La redazione di AssisiNews ricorda di essere aperta a qualsiasi contributo. (Nota: il testo Assisi nel terzo millennio è consultabile a questo link)
Conoscenza e differenza sono i valori fondanti cui deve riferirsi una politica per la cultura.
La politica culturale praticata da una pubblica amministrazione ha come scopo la creazione di un ambiente e condizioni favorevoli per lo sviluppo conoscitivo individuale interpersonale dei cittadini, che ha come conseguenza il rafforzamento della capacità di libera scelta e di giudizio.
Queste condizioni non possono che attuarsi nel consentire e perseguire la molteplicità e complessità culturale (per culturale si intende qualsiasi ambito dell’attività umana, dal lavorativo al ludico, dal religioso al culturale in senso stretto).
La molteplicità culturale si manifesta nell’ambiente in qualsiasi forma, sia essa materiale che immateriale, sia essa architettonica o di aggregazione sociale, di rappresentazione o rituale …
La limitatezza di risorse finanziarie e di spazi pubblici, costringe ad una scelta: poche cose possono essere scelte e molte non devono essere scelte
Scegliere significa esercitare l’azione di governo da parte del potere politico. Riplasmare l’ambiente culturale significa fatalmente riponderare le proporzioni tra gli elementi eterogenei che compongono l’ambiente e correggerne l’inclinazione. Qualsiasi intervento del potere pubblico o muta l’assetto dell’esistente o lascia che siano altri a determinarlo in caso di astensione dall’intervento. E saranno consuetudine ed abitudine a determinarlo o plasmatori
più o meno inconsci anche se animati da ottime intenzioni e realizzatori di opere meritorie. Così ad esempio, l’occupazione degli spazi pubblici fisici, mediatici, di intrattenimento o di incontro collettivo di qualsiasi natura (ludica, culturale, sportiva o svago) hanno di per sé una valenza simbolica e pedagogica. Ricevono, per il semplice fatto di essere pubblici, la valenza di importanza valoriale, quindi anche di indicazione di contenuto positivo, emblematico- emulativo. Posti all’opinione pubblica come punto di riferimento. In Piazza del Comune, l’unico spazio pubblico ancora senza destinazione, è la Sala del Capitano del Popolo, la decisione di come riempire quel vuoto, contribuirà nel suo piccolo, comunque all’inserimento di un altro tassello nella composizione della dimensione culturale collettiva. Riceverà direttamente un’investitura di significato e valore ostentato alla visione della comunità: memoriale della Giornata mondiale di preghiera per la pace, sala di lettura, esposizione di costumi medievali, sala espositiva d’arte contemporanea, . .. o Kinderheim multietnica?
Correlato: “La pace non può essere un precetto, ma il frutto di una libera scelta”
Ma riplasmare non significa conformare, regolare, controllare. Il governo della politica culturale se da un lato ha il dovere di esercitare il potere che gli compete, cioè essere uno dei determinatori attivi dell’ambiente culturale, dall’altro deve interpretare quel potere non come egemonia, ma come agevolazione di altri soggetti o attività. L’eccessiva saturazione di un’unica istanza culturale, finirebbe per ridurre le differenze esistenti o quelle possibili. La differenza di ambiti, inclinazioni, passioni e interessi è pur sempre un magma spontaneo e positivo la cui fuoriuscita va favorita, anche se il suo flusso deve comunque essere governato. Perché appunto le differenze sono di per sé un valore culturale che va ricercato.
Il presente non è clonazione del passato e come chi ha vissuto le epoche passate, noi oggi in quanto appartenenti all’era che viviamo, dobbiamo rendere testimonianza del nostro tempo. L’obbligo storico è esprimere il nostro presente nella sua alterità dal passato e lasciare che questa differenza si manifesti: il quid che non c’era e che oggi c’è.
“Ritornando alla metafora su pace e guerra – continua Paolo Ansideri – dico quindi che la scelta tra le due, non deve essere frutto di una raccomandazione, di un precetto morale, o di un’esortazione, ma deve essere la libera, consapevole e razionale decisione su due opzioni in campo ed in questo senso non è con memoriali, esortazioni, commemorazioni, intitolazione di strade, o erigendo monumenti, stilando calendari di ricorrenze che si incrementa la volontà di pace. Ma semplicemente aumentando la coscienza, la consapevolezza e la cultura di ogni singolo individuo che sceglierà di giorno in giorno l'oggetto del contendere, la cosa da fare ascoltando solo e semplicemente il proprio livello di coscienza e cultura acquisita anche da un ambiente che favorisce la cognizione personale. Senza nessuna autorità esterna che occludendo l’angolo visuale, restringendo il campo visivo ad un’ unica immagine esortativa, non consente il rischio della visione avversa, dell’opzione conflittuale”. Si pensa invece che la costruzione artificiosa di un ambiente irreale, plasmato propagandisticamente sulla generica immagine di pace, induca di per sé ed indichi la via, ma in realtà la monocorde ritmazione del tema, finisce con lo svuotare di contenuti qualsiasi seppur alto e nobile dei valori, che appariranno invece come stantii e ripetitivi riti.
Tra Giotto e Jeeg Robot
“Stante questo – prosegue Paolo Ansideri – è del tutto evidente la profonda differenza tra quanto prospettato nel documento “Assisi nel terzo millennio” e quanto sopra esposto. Nel primo si preconizza una sostanziale univocità dell’istanza culturale, su cui abbondantemente argomentato, mentre prendendo a propria guida questi diversi assunti valoriali, il bambino che qui cresce non troverà solo icone della fede, ma anche le gesta di Jeeg Robot, e poi potrà appassionarsi non solo agli affreschi del Sermei, ma anche alle follie di Damien Hirst, potrà assistere a concerti hard rock, o ascoltare splendidi cori gregoriani, partecipare alle messe domenicali o alle preghiere del venerdì in moschea e nel momento della nascita di rapporti sentimentali, decidere come costituire il proprio nucleo familiare solo seguendo la propria inclinazione.
“Perché la città non è un santuario votato alla celebrazione del passato, ma una straordinaria e pulsante comunità vivente satura di differenze, divergenze, contraddizioni ed anche conflitti, ma che respira l’aria del mondo e del tempo che l’avvolge. L’autonomia della cultura dalla religione, significa quindi avere ben presente la non assoggettabilità di una politica culturale ad una sola componente dell’orizzonte culturale, quella religiosa. Si dovrà invece tentare di dilatare lo spettro delle differenze – conclude Paolo Ansideri – tenuta presente la limitatezza dello spazio a disposizione di quell’orizzonte (spazi fisici, risorse economiche e umane, date di calendario).
Gli articoli precedenti sono pubblicati in www.oicosriflessioni.it con il titolo “Assisi nel tempo presente. Versione Assisi”. Il prossimo articoli – annuncia Paolo Ansideri – sarà “In dissenso da Guarducci: non esistono assessorati tecnici, solo la politica ha un ruolo guida”.
© Riproduzione riservata