“Occorre ricordare, nel Giorno della Memoria, le stragi del passato, ma anche e soprattutto avere coscienza di dove le stragi continuano a consumarsi nel mondo: in Siria, o in Yemen, ad esempio, dove tanti bambini pagano con la propria vita la follia umana che nasce dal desiderio di profitto, di iniquità globale che solo la ‘Laudato si’ ha avuto il coraggio di denunciare”: così il Sindaco di Assisi Stefania Proietti ha aperto il convegno “Una pace senza armi”, svoltosi il 27 gennaio, giorno internazionale della Memoria. Un intervento nel quale è stato ribadito il ruolo di Assisi come città sentinella di Pace, che non volterà il proprio sguardo altrove ma darà contributi concreti (come quello della scelta di una tesoreria disarmata) continuando a mantenere gli occhi aperti sui genocidi e le stragi che accadono ogni giorno nel mondo.
L’evento Una pace senza armi (organizzato dal Comune di Assisi in collaborazione con la Diocesi di Assisi, Gualdo Tadino e Nocera Umbra cui hanno collaborato anche Libera, Movimento dei focolari e Pro Civitate Christiana) ha prodotto un ulteriore atto concreto: l’invio di tre lettere a firma del Sindaco Stefania Proietti e del Vescovo di Assisi S.E. Mons Domenico Sorrentino indirizzate al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ai leader politici in corsa per le elezioni del prossimo 4 marzo e alla città di Iglesias.
Nella lettera indirizzata al Presidente della Repubblica ricordando il contributo dei Giusti fra le Nazioni – che ad Assisi salvarono 300 vite umane durante le persecuzioni nazifasciste – è contenuta una riflessione sulla produzione delle armi e sul loro commercio e, in particolare, sulla produzione di bombe nello stabilimento RWM di Domusnovas destinate all’Arabia Saudita che le utilizza per bombardare pesantemente lo Yemen.
“L’UNICEF – si legge nella missiva – dichiara 5000 bambini morti dall’inizio dei combattimenti; per questo – si legge più avanti – ci rivolgiamo a Lei, supremo garante della nostra Carta Costituzionale che ripudia la guerra e delle leggi in vigore come la 185/90 che regola il commercio di armi, perché intervenga nei modi che riterrà più idonei e opportuni a interrompere quella che riteniamo una vergogna per il nostro Paese… Nella stessa linea riteniamo che le armi nucleari costituiscano la più grave minaccia per l’intera umanità e per questo chiediamo che anche l’Italia firmi il Trattato Internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, così come in passato è avvenuto per quelle biologiche e chimiche, nonché per le mine antipersona. Confidiamo molto -conclude la lettera – nella sua sensibilità così come nel suo amore per la pace che – ne siamo ben consapevoli – deve essere costruita con il contributo e l’apporto di tutti”.
Al termine del convegno Una pace senza armi sono state firmate altre due missive: una ai leader politici impegnati in campagna elettorale e una alla città di Iglesias. Nella prima vengono evidenziate le numerose contraddizioni dell’Italia, paese che costituzionalmente ripudia la guerra ma invia carichi di bombe all’Arabia Saudita, finanzia attraverso Finmeccanica, la produzione di armi nel nostro Paese e non si oppone alla presenza di ordigni nucleari nelle basi militari Usa presenti in Italia. “Riteniamo – conclude la missiva – urgente e necessario promuovere percorsi della più larga partecipazione, per rispondere assieme alle contraddizioni che abbiamo messo in evidenza come frutto del lavoro quotidiano che cerchiamo di portare avanti praticando il dialogo, l’accoglienza degli esclusi e la fraternità con tutti.
Alla città di Iglesias invece, come reso noto nel corso del convegno Una pace senza armi, sindaco e vescovo scrivono: “Dichiararsi città di pace ed esigere la responsabilità nazionale per una reale riconversione economica che valorizzi le ricchezze del Sulcis-Iglesiente vuol dire esercitare una sovranità che spesso viene negata dal prevalere degli interessi economici di pochi sulla vita e la dignità di molti”. “La vostra “buona battaglia” – si legge più avanti – non può essere confinata e gestita a livello locale. La vostra testimonianza, che esprime l’azione in corso della società civile e responsabile, pone una questione di carattere universale che la città di Francesco non può non riconoscere e sostenere. Vogliamo perciò rendere esplicita una rete di fraternità che collega idealmente Assisi, Iglesias e la popolazione del piccolo Paese del golfo persico devastato da uno dei troppi conflitti dimenticati alimentati dalle complicità internazionali e dall’industria degli armamenti.
© Riproduzione riservata