Dal 15 al 19 giugno 2016 il Crocifisso di San Damiano è tornato a ‘casa’ per un evento speciale durato cinque giorni e pensato dalla comunità dei Frati Minori di San Damiano insieme alle Clarisse del Protomonastero di S. Chiara, con il patrocinio della Diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e del Comune di Assisi.
CROCIFISSO DI SAN DAMIANO, LA SPIEGAZIONE – Il Crocifisso di San Damiano è quello davanti al quale San Francesco, allora all’inizio della sua conversione, pregò nel 1205, ricevendone la chiamata “Va e ripara la mia casa, che come vedi cade in rovina”. Il Crocifisso, davanti al quale pregarono anche Santa Chiara, la sorella Agnese e tutta la comunità delle povere Dame, rimase a San Damiano fino a dopo la morte della Santa d’Assisi, avvenuta nel 1253. Dopo la morte, il corpo di Santa Chiara fu traslato nella chiesa di San Giorgio e insieme al processo di canonizzazione fu avviato il progetto della basilica in suo onore: quando, nel 1957, le clarisse si trasferirono all’interno delle mura di Assisi, il crocifisso venne portato in città, nel Protomonastero di Santa Chiara; nella Settimana Santa del 1957 venne mostrato al pubblico per la prima volta sopra il nuovo altare nella cappella di San Giorgio nella Basilica di Santa Chiara d’Assisi.
LA TRASLAZIONE DEL CROCIFISSO DI SAN DAMIANO – La translatio del Crocifisso di San Damiano ha richiesto una dettagliata progettazione di tutti i passaggi: dopo la rimozione dalla struttura metallica, c’è stato il trasporto a terra con argano, la collocazione in una cassa lignea appositamente predisposta con un rivestimento interno isolante e ammortizzante, il trasporto con carrelli e a mano fino al furgone; successivamente a San Damiano, dove in precedenza era stata rimossa la copia, il sollevamento con argano e il posizionamento sulle staffe d’acciaio appositamente realizzate e montate per sostenere il Crocifisso. Precedenti misurazioni, effettuate dalla Coo.Be.C. di Spoleto, avevano verificato che le condizioni di temperatura e umidità della chiesa di San Damiano fossero simili a quelle della cappella di S. Giorgio, e tali quindi non recare danni all’opera.
Foto © Mauro Berti
© Riproduzione riservata