Ottantamila frammenti di Giotto e Cimabue. C’è un tesoro in frantumi conservato nella Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi, quelli che vennero giù con il terremoto del 26 settembre 1997 che uccise due frati e due tecnici della Sovrintendenza e sbriciolò una delle volte della Basilica di Assisi.
I frammenti di Giotto e Cimabue – pezzetti di cielo stellato, segmenti di figure, mattoncini del 1200 con pezzi di affresco attaccati e tante piccole croci dipinte – sono tutti catalogati, numerati e sistemati in centinaia di piccoli cassetti. Vennero giù con il terremoto che, 20 anni fa, il 26 settembre 1997, uccise quattro persone e sbriciolò la volta in 300 mila pezzettini. Più della metà sono stati rimessi al loro posto, per un restauro record a due anni e costi limitati, ‘solo’ un miliardo di lire, pari a 500.000 euro di oggi.
Ad aprire, in esclusiva per il Corriere della Sera (un articolo di cui riproponiamo ampi stralci), il tesoro di frammenti è Sergio Fusetti, capo restauro e conservazione della Basilica. “Venne tolto il rosone – ricorda Fusetti al quotidiano di Via Solferino – e furono portate via 1.300 tonnellate di detriti. Grazie ai volontari vennero trasportate sul prato. Nacque una tendopoli come primo ricovero dei frammenti di Giotto e Cimabue. Separati, perché non si mischiassero, e messi su materassi, per conservarli meglio”.
Fusetti ricorda che l’affresco della Vela aveva uno stato di conservazione perfetto e che “i colori ci hanno aiutato molto. E noi – aggiunge – avevamo un’esperienza simile: la dottoressa Paola Cinti l’aveva compiuta a Roma, a Santa Susanna, e le è stato affidato questo gruppo. Abbiamo iniziato a comporre i pezzi un po’ più riconoscibili, come si fa con un puzzle racconta con la soddisfazione della sfida vinta. E il primo volto che ci è apparso dai frammenti di Giotto e Cimabue era quello di San Rufino, il patrono di Assisi. Una grande emozione”.
Ma ci sono altri frammenti di Giotto e Cimabue rimasti tali, ma che Fusetti non dispera di poter ricomporre: “C’è un progetto della Normale di Pisa e uno dell’Università di Bari, che, con l’aiuto della tecnologia, possono creare un programma ad hoc. C’è chi ha suggerito di venderli per finanziare la manutenzione che ha costi altissimi. Ma, finché sarò qui io, saranno al sicuro”.
Foto © Andrea Cova/Rivista San Francesco Patrono d’Italia/Per gentile concessione
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