Al Piccolo Teatro degli Instabili, il 19 dicembre alle ore 21:15 è in arrivo: “I MEZZALIRA – panni sporchi fritti in casa” il terzo capitolo della “Trilogia degli ultimi” scritta da Agnese Fallongo. A grande richiesta tornano infatti – per il terzo anno consecutivo dopo il grandissimo successo di “Letizia va alla guerra: la suora, la sposa, la puttana” e “…Fino alle stelle! Scalata in musica lungo lo Stivale” – Agnese Fallongo e Tiziano Caputo, con un racconto tragicomico che, ai toni brillanti della commedia all’italiana, mescola le tinte fosche del giallo e del thriller e in cui la narrazione alterna alla parola, la musica e il canto. Accanto a loro Adriano Evangelisti che, dopo averli diretti in Letizia va alla guerra, questa volta li affiancherà sul palcoscenico dando corpo e voce al protagonista – narratore della storia. La regia è affidata ancora una volta a Raffaele Latagliata, che già aveva firmato quella di …Fino alle Stelle!, ad ulteriore conferma dell’ormai consolidato sodalizio di questo collettivo artistico.
Il titolo “I Mezzalira – panni sporchi fritti in casa” nasce da un gioco linguistico che crea una fusione tra il celebre detto popolare “i panni sporchi si lavano in casa” e il concetto della “frittura” come simbolico spartiacque del binomio più antico della storia: quello tra servo e padrone, tra chi produce l’olio e chi lo possiede, tra chi può friggere tutti i giorni e chi non può friggere mai. Se è vero che la saggezza popolare insegna a mantenere celate le questioni familiari all’interno delle mura domestiche lontano da occhi indiscreti, è altrettanto vero che quelle mura non sempre bastano a contenere i segreti, i tabù e i non detti della famiglia Mezzalira, protagonista del racconto, che, proprio come l’olio delle olive che raccoglie, scivola in una spirale di infausti accadimenti che la indurranno, inevitabilmente, a scendere a patti col mondo esterno. Il tutto visto e raccontato da Giovanni Battista Mezzalira detto “Petrusino”, il più piccolo della famiglia che, una volta adulto, traccerà un vero e proprio arco della sua esistenza, in un caleidoscopio di ricordi che attraverseranno una vita intera, una vita fatta di luci, ombre e colpi di scena all’interno del medesimo focolare domestico. Petrusino sarà costretto a fare i conti con i fantasmi del passato per poter scendere a patti con il presente, scoprendo di non essere stato il solo a custodire un segreto. Si ricorre, invece, alla musica, composta appositamente per lo spettacolo ed eseguita rigorosamente dal vivo, quando le parole, non potendo reggere il peso del sentimento, debbano essere sublimate attraverso il canto. È un canto dell’anima, un canto di condivisione, un canto ancestrale di ritrovata connessione con la parte più profonda del nostro essere e con la terra d’appartenenza.
Una scena astratta ed essenziale a cura di Andrea Coppi, ma dal grande rigore estetico, fa da ideale cornice alle vicende di questa storia ambientata in un tempo/non tempo e in un luogo/non luogo, e restituita attraverso un linguaggio dal sapore dialettale e inconfondibilmente nostrano che non si cristallizza in un unico dialetto, ma tende piuttosto ad una forma meticcia e di pura fantasia, nella quale il pubblico può riconoscere una sfumatura del proprio vernacolo, ma mai una vera e propria appartenenza. La stessa linea stilistica della scena la ritroviamo anche nei costumi, realizzati da Daniele Gelsi. L’obiettivo è quello di recuperare la potenzialità della grande tradizione orale italiana in cui, per mezzo della rievocazione, ciascun individuo possa ricostruire e dare forma al suo passato. La narrazione delle vicende procede attraverso una girandola vorticosa di ricordi rivissuti dal protagonista/narratore, ma restituiti sempre in assenza: egli presterà la voce al sé stesso bambino, al sé stesso ragazzo e al sé stesso uomo, ma rimanendo sempre assente dalla scena in modo che il passato, quello a cui la memoria riesce a dare forma, venga incarnato nel presente. Alla parola si alternano dei contrappunti sonori, realizzati in scena dagli attori stessi per restituire le atmosfere e creare suggestioni.
Ricordiamo infine al pubblico del Piccolo Teatro degli Instabili, che, oltre alle vantaggiose formule di Abbonamento a 6, 4 o a 3 spettacoli, tutti gli Under 30, gli over 65 e i partecipanti ai Laboratori potranno accedere alla riduzione sul prezzo del biglietto degli spettacoli della Stagione 2024/25.
RASSEGNA STAMPA
“…un lavoro teatrale in cui convergono con grazia tutte le qualità – e al più alto livello- per creare un’esperienza di assoluta eccellenza. Non solo consigliatissimo, ma anche prescritto come se si provasse ad essere dei medici dell’anima”. (Giuseppe Menzo | unfoldingroma.com)
“Agnese Fallongo e Tiziano Caputo sono il sodalizio artistico più riuscito e fortunato che conosca. In scena sembra che condividano uno stesso cuore pulsante che si incarna in due corpi diversi. Dopo tanto tempo ho avuto la fortuna di assistere ad uno spettacolo in cui è la storia a muovere gli attori e non viceversa. La regia di Raffaele Latagliata ci avvolge e ci porta, letteralmente, in un altro mondo, ci prende per il bavero all’inizio dello spettacolo e ci lascia andare solo alla fine senza chiedere il permesso.” (Olimpia Ferrara | contrappunti.info)
“I Mezzalira è uno spettacolo che non ti dà il tempo di applaudire. Grazie al suo ritmo serrato e incalzante, è un’opera che ti fa sorridere, ridere e al contempo emozionare. L’unione di questi quattro fenomenali artisti dà sempre vita a pièce che meriterebbero di essere visti da un infinito numero di spettatori”. (Simona Epifani | thewalkoffame.it)
“Gli attori in scena si muovono fra comicità e sentimento, epica e retorica del passato, naturalismo e assurdo con tale efficacia da ricevere applausi a scena aperta e addirittura una standing ovation alla fine dello spettacolo. La regia di Latagliata ha due pregi: si fida degli attori (e fa bene); con pochi accorgimenti, semplici e funzionali, mette ordine e organizzazione scenica alla storia”. (Marcantonio Lucidi | marcantonioluciditeatro.it)
“I Mezzalira sono un prodotto confezionato per funzionare con ingranaggi ben oliati (tanto per rimanere in tema), dove ciascuno ha un ruolo preciso e lo svolge con la diligenza artigianale delle anime teatrali più profonde. (…) Resta addosso una piacevolissima sensazione di spettatore satollo, quasi come dopo una bella scorpacciata di fritto. (…) Brulica di sottotesti e ispirazioni di marca sì, ma la straordinarietà di questo spettacolo sta proprio nel doppio binario comunicativo, nella capacità di “arrivare” tanto a un pubblico allenato alla visione dal vivo, quanto a occhi e orecchi meno inclini. Anzi forse è in grado persino di spogliarci tutti di ogni inutile sovrastruttura, per restituirci il dono comunitario di una nenia d’altri tempi. Come non restarne folgorati?” (Fabiana Dantinelli | fermataspettacolo.it)
GLI ARTISTI
Il duo artistico Agnese&Tiziano nasce dall’incontro tra Agnese Fallongo, attrice-cantante e autrice teatrale di spiccato talento, e Tiziano Caputo, attore-cantante e musicista poli-strumentista. Insieme iniziano un percorso in teatro che li porta a distinguersi nel panorama nazionale per le straordinarie doti di interpreti poliedrici e virtuosistici.
Ma è grazie alla collaborazione con i due registi Adriano Evangelisti e Raffaele Latagliata che si realizza quel sodalizio artistico che porta alla nascita della “Trilogia degli ultimi”, composta dagli spettacoli: “LETIZIA VA ALLA GUERRA – la suora, la sposa e la puttana”, “…FINO ALLE STELLE! – scalata in musica lungo lo stivale” e “I MEZZALIRA – panni sporchi fritti in casa”, con i quali ottengono un unanime consenso di critica e di pubblico.
L’elemento che contraddistingue la ricerca di questo collettivo artistico, e che ne delinea maggiormente la poetica, è quello di sfiorare il presente attraverso il passato. Raccontare, cioè, le “storie dei nostri nonni”, delle generazioni che ci hanno preceduti, per riuscire a comprendere meglio il momento presente: Non saprai mai dove vai se non sai da dove vieni. Per aderire a questo tipo di contenuto, si è scelto di utilizzare un codice teatrale che attinge al “teatro di narrazione” rielaborandolo, però, in chiave estremamente moderna e originale. L’obiettivo è quello di dare voce alle persone “comuni”, a “gli ultimi”, appunto, quelli rimasti nell’ombra durante alcune delle vicende più significative della nostra penisola. Un lavoro di costruzione drammaturgica che parte sempre da un’approfondita documentazione storica, per poi avvalersi, in un secondo momento, della testimonianza reale di chi, quelle esperienze, le ha vissuto in prima persona. Il mezzo utilizzato è quello delle interviste, che vengono poi rielaborate, romanzate e trasformate in materia teatrale. Quello che interessa è il recupero della tradizione orale, dei racconti, della memoria di un passato ancora vivo, presente, palpitante. Un’ode alla vita che ha sempre più fantasia di noi… per chi la sa osservare.
Dal punto di vista linguistico la scelta del dialetto, inteso come lingua del cuore, nasce dall’esigenza di partire sempre dal suono per la costruzione dei personaggi e per poter dar loro quella veracità indispensabile a renderli credibili sulla scena. L’Italia è il paese con il maggior numero di dialetti al mondo e il poter attingere da questo infinito bacino dal sapore inconfondibilmente nostrano costituisce un’enorme ricchezza, spesso sottovalutata. La musica, ideata appositamente per tutti gli spettacoli e suonata rigorosamente dal vivo, è parte integrante della drammaturgia stessa e rappresenta una necessità sostanziale volta a sublimare la parola nei momenti più cupi e più brillanti del racconto, con l’intento di accompagnare lo spettatore, cullandolo, in un intenso spaccato della storia d’Italia.
(La stagione 2024-2025 del Piccolo Teatro degli Instabili è uno degli sponsor inserzionisti del gruppo editoriale Assisi News)
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